Cristina Martinico
Percorrendo la strada che dal Ponte Verderame conduce a Pietretagliate, si erge, immerso tra un campo di grano e un bellissimo vigneto, Baglio Novara, maestosa costruzione rurale fortificata del XVIII secolo. Il baglio è caratterizzato da un lungo viale che al suo imbocco conserva ancora ai due lati dei massicci pilastri in pietra calcarenitica. Molto suggestiva l’immagine della costruzione vista dall’ingresso, con in lontananza il monte Erice a fare da sfondo. La prospettiva che si osserva percorrendo il viale e avvicinandosi al baglio, sembra riportarci a un’altra epoca, sensazione ancora maggiore quando si giunge all’ingresso, costituito da un maestoso arco a sesto pieno ribassato, dentro al quale è incastonato il portone in legno. Al centro dell’arco una targa degli anni ’50, oggi arrugginita e quasi illeggibile, che riportava l’assicurazione sul prodotto.
Daniele, discendente del capostipite Vincenzo, è oggi il proprietario dell’Azienda Agricola Novara. La storia che lega la famiglia Novara al baglio parte da fine ‘800, quando Vincenzo, classe 1880, originario di Paceco e per lungo tempo dipendente della tenuta Alì, per cui gestiva l’allevamento di bovini, acquista la costruzione e i terreni limitrofi di proprietà, appunto, della storica e ricca famiglia trapanese. Da semplice “vaccaro” a proprietario terriero, un’enorme conquista per Vincenzo, che avvia la sua attività agricola in proprio nel 1916, espandendola poi nel tempo con l’acquisto di altri terreni a Paceco.
Vincenzo aveva sposato nel 1903 Francesca Paola Anelli e da lei aveva avuto diverse figlie e figli, tra cui Gaspare nel 1904, il nonno di Daniele. Il bisnonno doveva essere un tipo molto geloso delle proprie figlie, tanto che di questa gelosia resta una curiosa testimonianza, visibile proprio nella corte interna del baglio. In un angolo e sospeso all’altezza del primo piano, si trova un balconcino con la ringhiera in ferro battuto, che non ha alcun collegamento con il suolo, né tantomeno conduce ad una porta d’ingresso. La spiegazione, dice Daniele, è semplice; “Il mio bisnonno aveva fatto rimuovere l’antica scala autoportante in pietra e murare la porta al primo piano, perché i ragazzi che lavoravano al baglio agli inizi del ‘900 potevano inavvertitamente “spiare” le donne di casa. Così, per evitare che ciò accadesse, la fece eliminare e gettare – quasi totalmente distrutta – in mezzo alla campagna dove i resti sono ancora visibili dopo oltre un secolo, accatastati in un punto della proprietà”.
Nel 1937 Vincenzo muore prematuramente a soli 57 anni e il baglio passa in eredità a Gaspare, il quale, come spesso si usava fare a quell’epoca, nel 1939 sposa Brigida Novara, sua cugina di primo grado che portava appunto il suo stesso cognome. Dalla loro unione nascono Franca, Anna e Vincenzo, il papà di Daniele a cui oggi appartiene la proprietà e dove opera l’Azienda agricola che gestisce 10,6 ettari coltivati a seminativo, uliveto e che comprende anche una piantagione di zafferano.
Altri 11 ettari appartengono alle “signorine Novara”, come tutti conoscono Franca e Anna, oggi due deliziose ed eleganti ottantenni, che insieme all’intera famiglia si sono dedicate da sempre al lavoro e alla gestione dei terreni, delle coltivazioni e del baglio. La loro vastissima porzione è occupata da un meraviglioso vigneto che produce Sirah, Catarratto, Grecanico e Ansonica. Franca e Anna, dopo il periodo dell’infanzia trascorso in un noto collegio trapanese per ricevere l’educazione scolastica, sono tornate al baglio e lì sono rimaste per tutta la vita accanto ai genitori, fino agli anni ’90. Come racconta Franca: “Mio padre dava lavoro a tantissime persone, sia con la vendemmia che in altri periodi dell’anno. Gli uomini che avevano bisogno di lavorare sapevano che potevano venire a chiedere ‘o zù Asparo’, perché lui non gli avrebbe negato l’aiuto di cui avevano bisogno, talvolta anche sostenendoli economicamente”.
Storiche le vendemmie in cui la famiglia Novara è da sempre impegnata, con Franca spesso alla guida del trattore utilizzato per caricare l’uva. Come lei stessa ricorda: “Impiegavamo diversi operai, che alla fine della raccolta venivano invitati al baglio per un lauto pranzo, preceduto dal ‘biscotto’ delle 10”. Ma la signorina Franca, non si è solo dedicata alla terra, anzi tutt’altro, perché fin dall’adolescenza ha avuto une predilezione per l’arte e la pittura, attraverso la quale si è saputa esprimere sotto diverse forme. Dal disegno, alle tele, alla decorazione della ceramica; e ancora, pittura e ricamo su stoffa, restauro di antiche statue e dipinti, per finire con la più raffinata composizione di opere eseguite utilizzando il corallo e i fili d’oro; un amore per la creatività mai abbandonato e ancora oggi praticato. Anna, invece, è stata sempre dedita alla cucina e alla gestione della casa in generale, occupandosi di tutto il necessario.
Come spiega Daniele: “La parte originale del baglio consisteva in una sorta di torretta di avvistamento militare risalente al 1600 circa, posta in prossimità della Regia Trazzera e conosciuta oggi nei dintorni come via Pisciacito. La torretta è ancora visibile dalla corte e sul prospetto si possono individuare le feritoie che furono progettate per poter sparare in caso di aggressione, grazie ad un’inclinazione adatta ad accogliere dall’interno la canna del fucile. La costruzione è stata ampliata nel corso del tempo, fino a divenire la fortezza che oggi possiamo vedere. Come quasi tutte le costruzioni rurali di questo genere, è di carattere introspettivo, ovvero con tutte le aperture rivolte all’interno della corte”.
L’atrio è lastricato di blocchi quadrati di selce e lungo il perimetro si affacciano i locali relativi all’ambito produttivo, quali una rimessa, una porcilaia, una mangiatoia in parte coperta, una grande cantina e una stalla con mangiatoia. Tantissimi gli utensili, gli attrezzi da lavoro e gli arnesi legati alla vita agricola di un tempo, meravigliosa testimonianza di un passato ancora oggi vivo e operativo, che ha solo mutato la modalità di azione, ma non la sua essenza. Sempre dalla corte si accede alla stanza del forno – oggi ripristinato e reso di nuovo funzionante – e a quella che era l’abitazione del mezzadro, oltre che alla zona residenziale padronale. Tutti gli ambienti dell’abitazione della famiglia Novara sono rimasti per lo più invariati: al piano terra si sviluppano il salone, la sala da pranzo, il bagno e la cucina con il lavatoio in pietra e una fossa per tirare l’acqua da una cisterna sottostante. Al primo piano, da un lato si aprono il bagno e diverse stanze, una delle quali comprende due focolai e una fossa per tirare l’acqua. Ancora, al primo piano si sviluppa la zona notte composta da diverse stanze e camere, di cui una con alcova.
Alcova che un tempo aveva delle bellissime decorazioni in pittura su legno, con porte in stile veneziano e pannelli dipinti risalenti al 1700 di cui oggi restano soltanto due esempi. Daniele e Vincenzo sono riusciti a salvarli dai saccheggi e grazie alla lungimiranza della signorina Franca, possono essere ricostruiti partendo dai rilievi su carta che lei stessa aveva eseguito in passato. Dai disegni è possibile riconoscere dei paesaggi riconducibili alla città di Trapani: alcune abitazioni a più piani, le mura, quello che sembra il Castello della Colombaia, Torre di Ligny, alcune chiese e i mulini. Oggi il baglio non ha più al suo interno i bellissimi arredi, le suppellettili e gli oggetti decorativi che per secoli sono stati parte integrante dei luoghi e della vita che le diverse generazioni della famiglia Novara e i loro predecessori vi hanno trascorso. Il sogno di Vincenzo e Daniele è quello di poter far tornare a rivivere il baglio, riportandoci indietro di due secoli e più, quando i loro avi hanno dato il via a questa bellissima avventura legata alla terra e alla sua prosperosa coltivazione.
Daniele è attualmente l’ultimo discendente maschio della famiglia e il suo entusiasmo è pari a quello del bisnonno Vincenzo, anche lui oggi , come il nonno allora, si è dedicato all’agricoltura con grandissima passione, provenendo da un ambito lavorativo differente. Speriamo allora, possa ricostruire quella bellissima scala in pietra che collega la corte interna con il primo piano. Gradino dopo gradino si arriva in alto, così ci auguriamo che la sua intraprendenza possa condurlo a riaprire quella porta che era stata murata, permettendoci così di visitare la bellissima dimora della sua famiglia e quella che ancora oggi appare come una meravigliosa realtà agricola incontaminata.