Alberto Barbata 
Testi tratti da “Misiliscemi – Un manzil arabo alle porte dell’antica Itrabinis”       
© 1998-2010 Alberto Barbata – Vietata la riproduzione    
Un ringraziamento all’autore e alla famiglia Sanacore per averne consentito la pubblicazione su Misiliscemiweb 

Dall’altura del timpone su cui è collocato il baglio Misiliscemi, l’occhio spazia su tutta la pianura che va da Trapani a Marsala e fino alle falde dell’Erice, comprendendo larga parte del territorio dell’antica città di Monte San Giuliano. Da Misiliscemi si possono controllare tutte le contrade poste nel suo territorio extraurbano, comprese le antiche torri marittime e rusticane (Xitta, Nubia, Marausa, Ponte Salemi, Misiligiafari, Torrebianca, ecc…). Un’importanza strategica notevole, più volte utilizzata nel corso dei secoli, a cui furono certamente interessati gli arabi. Il Pugnatore, nella sua “Istoria di Trapani”, scritta verso la fine del secolo XVI, scrive che gli arabi fondarono dei casali nei dintorni di Trapani e dice: “Mentre costoro furono di Sicilia signori non pur gran numero dè suoi in molte parti l’abitarono, i cui nomi in fin ora vi durano; è però l’istesso fecero in Trapani, nel cui territorio fondarono due i casali: uno presso quattro miglia a questa città, le cui rovine sono oggi Castellaccio chiamate, e l’atro circa sei altri più oltre di quello, Misilischemi sarracenamente nominato; i quali da poi rimasero al tempo degli aragonesi distrutti”.

Più avanti, nella sua “Istoria”, il Pugnatore descrivendo il periodo aragonese in Trapani, narra come “l’armata del re Roberto fè gran danno attorno di Trapani; e ci distrusse due casali di fuori”. Il Pugnatore, rifacendosi al cronista Giovanni Villani, racconta come nell’anno 1317 il Re Roberto d’Angiò avesse compiuto una spedizione contro la Sicilia, inviandovi sessanta galere, mettendo a ferro e fuoco parte del Val di Mazara, dopo aver sbarcato a Castellammare ed afferma espressamente: “Nè fia forse fuor di ragione di credere che all’ora (se per avventura ciò in prima stato non era) i due casali che nel territorio di Trapani (come già si ha detto) dà Sarraceni edificati fosser da questa gente del re Roberto destrutti; senza poi mai essere stati riedificati. Leonde l’uno di loro è infin oggi, per cagione delle sue ruvine, chiamato propriamente il Castellaccio”.

Invero, motivi di ordine storico portano gli studiosi a sostenere che gli arabi non abbiano prodotto una grande quantità di opere difensive e che si siano limitati, come sostiene il Santoro, a rimettere in sesto le fortezze ereditate dall’Impero bizantino, di cui è invece ampiamente documentata la notevole capacità difensiva, apprestata infatti dai “romaioi” prima e durante l’invasione araba in Sicilia.

La letteratura storiografica sulle torri siciliane, si rifà principalmente ad alcuni studi o relazioni antiche sulle torri marittime demaniali. Molto poco invece è stato scritto sulle torri di campagna o feudali. […] Delle torri antiche extraurbane in Sicilia, si è occupato il Trasselli, il quale sostiene che dal secolo XIV era vietato costruire torri che potevano diventare fortilizi e centri di guerriglia. Poi, sotto re Martino, le cose cambiarono. […] La torre o la fortificazione costituiscono, nel secolo XV, un centro organizzato per resistere a brevi assedi, non un centro di partenza per battaglie in campo aperto. Ma le torri, conclude il Trasselli, svolgono una funzione anche di magazzino per la raccolta dei prodotti dell’agricoltura. Lo storico cita molti esempi di costruzione di torri e di collocazione di merli. Sono per lo più torri di difesa di vigne, per la sicurezza dei lavoratori in campagna, oppure torri di decoro di architetture urbane.

La torre e il baglio di Misiliscemi, appartenuti per oltre sette secoli, quasi ininterrottamente alla famiglia “de Sigerio” o Sieri Pepoli, si inserisce bene nel contesto dell’economia di questo territorio nel periodo arabo, come si è già dedotto da un esame analitico del territorio. La torre, è posta ad appena due chilometri dalla strada statale 155 […] ed è immersa in un paesaggio densamente coltivato a vigna ed uliveto, abitato da sempre, fin dall’antichità, come testimoniano le tracce abbondanti di ceramica sigillata romana, rinvenute attorno all’altura di Misiliscemi, sicuramente segno di altri insediamenti precedenti, quali una masseria durante l’impero romano. La torre, è l’unica ad essere rimasta pressoché intatta attraverso i secoli, con la sua forma quadrata, i suoi merli ghibellini, le sue finestre piccole a forma ogivale, ovverosia ad arco tribolare acuto. A dimostrare la sua antichità, come per quella di Misiligiafari, basta osservarne la struttura in pietra mista, con gli angoli ben squadrati in conci di tufo locale.

Le torri, nel contesto delle lotte interne e dei disordini che costellarono la prima metà del secolo XVI a Trapani, ebbero un’importanza notevole per quanto riguarda le comunicazioni tra le parti avverse. Misiligiafari comunicava infatti, attraverso i fuochi, i cosiddetti “fani”, con la torre costiera di Nubia, che apparteneva anch’essa alla famiglia Fardella. La datazione della torre di Misiliscemi non è un problema semplice, come d’altronde anche quello di molte altre torri rusticane e costiere o demaniali, tuttavia, gli elementi decorativi riscontrabili sulla sua struttura rimandano ad influenze certe della cultura architettonica fatimita siciliana di età normanna.

Da un esame analitico della struttura, si evince che la torre non ha subito eccezionali modifiche o restauri nel corso degli ultimi due secoli, all’infuori di alcuni irrilevanti inserimenti arbitrari, quali due balconi databili alla seconda metà dell’Ottocento e collocati sui lati nord e sud-ovest, e la trasformazione delle finestre del primo ordine. È posta sul punto più alto del timpone […]. A conforto di questa tesi viene in soccorso l’esame dei Riveli del 1748, conservato presso l’Archivio di Stato di Palermo. Il Rivelo del territorio di Misiliscemi fa parte di un gruppo di beni rivelati effettuato dall’Università di Trapani alla Deputazione del Regno e riguardante cittadini palermitani che nel territorio della città falcata risiedevano o possedevano proprietà. Misiliscemi viene dichiarato dal Duca di Palma di Palermo, imparentato con i Sieri Pepoli e il suo territorio vastissimo consisteva in salme 340 e tumuli 8 di terra […]. Il territorio a levante confinava con la via pubblica di Castelvetrano, da tramontana con il feudo di Fontansalsa, proprio del Duca delle Pietretagliate di Palermo e da mezzogiorno con il territorio della Ruanza di Don Bernardo XXIV di Ferro, della città di Trapani.

Vengono dichiarati quattro pozzi d’acqua sorgente e in più “alcuni occhi di acqua dolce, quali raccolti insieme fanno la somma di due denari d’acqua che si porta per canalata in una beveratura per commodo di bere la bestiame, uno dei quali occhi d’acqua scaturisce di sotto una rocca, sopra dalla quale vi è fabbricato un pozzo antichissimo a stile pozzo di Senia, che un tempo con detta acqua si faceva ortaggio e collaterale a detto pozzo vi è la gebbia diruta”. Più avanti il Rivelo descrive le case di un ”Baglio grande” in mezzo al quale vi è una cisterna “d’acqua di raccolto delle case di detto baglio e collaterale a detta gisterna vi è una torre che consiste in due stanze terrane, altre due solerate nel primo piano coperte a dammuso reale e l’altre due nel secondo piano coperti con astraco”. In più nel baglio esistevano dodici stanze terrane così suddivise: “la prima per paglialora, la seconda per stalla grande con tre archi nel mezzo, le terza per casa di Bordonari, la quarta per Chiesa, la quinta una piccola Sacrestia e la sesta per stalla di cavalli di sella, la settiman per il molino, l’ottava per panetteria, la nona per posto, la X e XJ per magazzini di frumento […] Inoltre, sopra la porta del Baglio vi è una guardiola per difensione di detto Baglio”. In più, viene dichiarato un piccolo caseificio campestre, distante canne 50 dal baglio, così descritto; “una stanza terrana coperta con tegole, fabbricata sopra una grotta grande in quale grotta vi abita e si fa marcato con sue mandre d’intorno, in cui vi è due Case terrane coperte con tegole, una dei quali serve per abitazione dell’Operaj, Bestiamari e l’altra per riposto del frutto di Mandra”. […]

La condizione attuale del Baglio fortificato di Misiliscemi e della sua notevole torre è estremamente similare alla descrizione settecentesca, dimostrando che il luogo è rimasto ancora pressoché intatto. […] Nell’arco d’ingresso del portone del baglio campeggia ancora in maniera splendida lo stemma nobiliare dei Naselli, alla cui nobile famiglia apparteneva, per parte materna, il duca di Palma e Principe di Lampedusa, don Ferdinando Maria Tomasi e Naselli, dagli infiniti titoli e dagli incarichi militari e civili di grande importanza nella capitale, fra i quali Vicario Generale del regno nel 1743. Ferdinando, possessore di Misiliscemi, a metà del settecento, è il bisnonno di quel Giulio Maria, il principe astronomo del famoso romanzo “Il Gattopardo”. 

LA TORRE DI MISILISCEMI

Studio tratto da “Le torri rusticane nel territorio di Trapani e Paceco”
Progetto di ricognizione, studio, rilievo e valorizzazione di beni architettonici storici del nostro territorio:
le torri rusticane controllo dell’entroterra dei comuni di Trapani e Paceco
Anno scolastico 2013/2014

Un progetto rivolto agli allievi del 5° anno dell’Istituto Tecnico per Geometri “G.B. Amico” di Trapani, con la collaborazione di allievi della Scuola Secondaria di 1° Grado “A. De Stefano” di Erice e di un gruppo di volontari del Gruppo Archeologico Drepanon. Nato da una proposta dell’Associazione GAD dei Gruppi Archeologici d’Italia, con la volontà di ricostruire la memoria storica e realizzare la ricognizione delle torri dell’entroterra trapanese. Attraverso una schedatura scientifica che prevedeva sia la ricostruzione di notizie storiche e artistiche, sia la rilevazione delle condizioni in cui versavano le torri antiche, molte delle quali inglobate, nel tempo, in altre strutture architettoniche, recuperate o ridotte ormai a ruderi. 
Tale ricognizione prevedeva anche il rilievo architettonico dei manufatti, per cui la richiesta del GAD intendeva impegnare principalmente gli studenti dell’ITG “G.B. Amico” di Trapani e, in supporto anche alcuni allievi della S.S. 1° G. “A De Stefano” di Erice. Lo studio qui riportato riguarda la prima fase che prevedeva di analizzare anche le torri presenti nell’odierno comune di Misiliscemi, tra cui: Torre Chinisia, Torre Baglio BallottellaTorre di Pietretagliate e la Torre di Misiliscemi.

Un ringraziamento al Prof. Pietro Barbera, che con la condivisione su Misiliscemiweb di questo interessante studio, contribuisce alla divulgazione di notizie relative alla Torre di Misiliscemi, che oggi, insieme al baglio, appartiene alla Famiglia Sanacore.