Prof. Giovanni Marino
La riscoperta dell’interesse per lo sfruttamento delle campagne agli inizi del secolo XVII da parte dei nobili trapanesi e, quindi, la necessità di utilizzare manodopera, hanno dato origine alla comunità civile così come si è andata delineando dall’800 e come oggi si manifesta.
La parte meridionale del territorio della città di Trapani, compresa tra i fiumi Quasarano e Marcanza e che dai bagli di Misiliscemi e Ballotta va fino al mare, è stata sempre abitata e vocava allo sfruttamento dell’agricoltura.
Tracce di presenza dell’uomo, ad iniziare dal periodo mesolitico (10.000 anni prima di Cristo) sino alla dominazione Romana (3-476 d.C.), sono visibili in tutto il territorio; nel periodo romano dovevano esserci delle Villae.
L’impostazione moderna dell’agricoltura, la sistemazione dei luoghi, lo sfruttamento razionale delle acque con l’introduzione di alcune opere di bonifica la abbiamo dagli Arabi, dal IX al XIII secolo. Agli Arabi, infatti, si rifanno molti dei nomi della toponomastica del nostro territorio: Ballotta (quercia), Marausa (pascoli), Misiliscemi (acqua che sgorga).
Gli Arabi hanno iniziato ad estirpare il bosco, soprattutto di querce e hanno introdotto la coltura dell’ulivo e, forse, anche del lino, coltura diffusa presumibilmente, fino al 700.
La storia ci racconta dell’esistenza, in questa zona, di diversi Casali risalenti al periodo arabo (Ballotta, ecc.) che, sicuramente, dovevano essere fortificati. La torre del Baglio di Misiliscemi, si dice risalga a prima dell’anno Mille. La guerra del Vespro e l’assedio della città di Trapani per mare e per terra da parte delle truppe francesi, ha portato in queste zone lutti e distruzioni, i casali sono stati distrutti e la gente si è rifugiata nelle città.
Nel Vallone della Falconaria (zona che va da Bona verso Marausa) il 1° dicembre del 1299 si è combattuta la battaglia decisiva per le sorti di Trapani, che ha viso le truppe francesi soccombere a sulle siciliane, favorendo l’epilogo della guerra, sancito, qualche anno dopo, con la Pace di Caltabellotta.
Dal 1300 bisogna arrivare al XVII secolo per riparlare di comunità e, precisamente, al momento dell’edificazione dei numerosi bagli, disseminati in tutto il nostro territorio, potremmo dire un’espressione rurale del casale arabo. I contadini lavoravano per i grossi proprietari e la sera si ritiravano nei bagli, che erano dei veri centri di attività economica e civile.
Con la fine del feudalesimo, in Sicilia, dai primi del ‘700 e con l’abolizione, quindi, dei diritti feudali, si ha una svolta del rapporto sociale. I feudi si danno in affitto e, molto spesso, anche in subaffitto (fenomeno pre-mafioso?). Si ha la nascita della comunità demografica di Misiliscemi. Gruppi di famiglie imparentate fra di lori all’interno della provincia di Trapani e da altre province, spinte dalla necessità del lavoro e dall’opportunità di avere terre in affitto, si sono installate in quelli che adesso sono i centri abitati di Rilievo, Marausa, Palma, Guarrato, Salinagrande, Pietretagliate, Locogrande e Fontanasalsa.
Prendevano a censo piccoli appezzamenti di terreno dove edificavano le case con pietre di tufo e a “ventennale” le terre da coltivare. Questi centri abitati costituiti da case sparse e disseminate in tutto il territorio, a poco a poco, si sono addensati lungo le vie di comunicazione dando origine all’attuale assetto urbanistico. Le numerose cave sparse nel nostro territorio e le datazioni in esse spesso indicate, possono essere considerate un riferimento certo di questa evoluzione nel tempo.