Testi tratti da “Ricerche storiche sulle chiese del territorio di Marausa” (2007)
di Salvatore Giliberti

Come dimostra la lapide con lo stemma francescano e la data del 1638, quello fu l’anno di costruzione dell’antica chiesa rurale fatta edificare dai frati che a quel tempo erano proprietari del feudo di Marausa. Secondo la tradizione orale, accolta dai frati del Convento San Francesco d’Assisi di Trapani, il feudo deteneva il titolo nobiliare di Barone nella persona del guardiano. Si pensa che quando venne edificata la chiesa, il baglio e la torre – oggi in parte demolita – già fossero costruite; dalla torre si accedeva in chiesa da una porta a fianco all’altare. Le dimensioni della chiesa erano la metà di quelle attuali, con la volta reale in pietra, lo stile e il prospetto ci fanno pensare che sia stata progettata da padre Bonaventura Certo da Messina, in quegli anni a Trapani per i lavori della chiesa di San Francesco d’Assisi, della cattedrale di San Lorenzo e della chiesa di San Giovanni dei Filippini.

La chiesa, officiata dai padri Minori Conventuali, serviva all’assistenza spirituale dei lavoratori del feudo. Sorta in piena esplosione di fede nel 1624, non poteva essere intitolata se non all’Immacolata Concezione, poiché i Frati Minori Conventuali sono stati da sempre difensori di questo attuale dogma di fede. La prima notizia che si ha della chiesa rurale di Marausa si trova nella relazione della prima visita pastorale, fatta nel 1742-1743 da Monsignor Stella, vescovo di Mazara del Vallo. Si può dedurre che la chiesa fosse ben tenuta, aperta al culto solo per la messa domenicale, festiva e per i funerali. Nelle chiese rurali non si svolgevano battesimi e matrimoni, solo quando veniva il cappellano era assicurata la messa festiva. Dipendevano dalla cattedrale, se nel paese esisteva, o dalle chiese madri. Nel caso della chiesa di Marausa, prima dell’edificazione della Diocesi essa dipendeva prima dall’arciprete della chiesa di San Pietro, poi dalla Cattedrale di San Lorenzo. I morti venivano seppelliti sotto il pavimento della chiesa fino al divieto di Napoleone Bonaparte, dovuto a motivi igienici; oggi non rimangono lapidi dei defunti seppelliti, perché trafugate. Nella stessa relazione del Vescovo, si legge che nella zona limitrofa, a circa quattro chilometri di distanza a sud, c’era la chiesa del baglio di Kinisia, sempre di proprietà dei Padri Minori Conventuali, sotto il titolo di Santa Caterina d’Alessandria, ora rudere. Nel baglio, che oggi si chiama Zichichi, c’era anche una torre uguale a quella del baglio di Marausa, che fu demolita nel 1950 perché impediva l’atterraggio degli aerei. E ancora, a una distanza di circa quattro chilometri verso est, c’era la chiesa di campagna intitolata al S.S. Crocifisso in contrada Guardato, molto probabilmente si trattava della chiesa parrocchiale di Guarrato, che tutt’ora esiste.

Come già detto, le chiese della zona erano piccole e inadeguate per l’assistenza spirituale dei contadini locali. In via Timpone c’è una testimonianza di questo, infatti esiste ancor oggi una prima pietra di una chiesa che si doveva erigere, ma che non si costruì più. Alle signorine Salvo va il merito di aver trascritto l’incisione della pietra prima che il tempo ne cancellasse la traccia e che porta la data del 22 maggio 1808. La traduzione dal latino che è opera di Monsignor Vincenzo Fonte recita: “A Dio Altissimo Massimo. Questa è la prima pietra che contiene solide fondamenta della fede e che sostiene insieme la casa del regno di Dio e la fonte dell’acqua viva, che la regina Maria Carolina con tutta l’augusta prole volle benignamente gettare per lo zelo delle anime. Con grande opera dei contadini, per la cui tanto universale opera di Dio, il Re dei re, raffermi più fortemente e renda più felice lo scettro della destra dello sposo suo Ferdinando, re nostro amatissimo a questa Trinacria”. Fu la regina Maria Carolina di Borbone, durante il suo soggiorno forzato in Sicilia, a porre la prima pietra di una erigenda chiesa in via Timpone. Questa prima pietra, nella credenza popolare e con il trascorrere del tempo, assunse i caratteri di una sacralità magica, ad esempio vi si conducevano i muli e per ottenere la loro guarigione si facevano girare per tre volte attorno ad essa. 

Nel 1833, in occasione della visita pastorale di Monsignor Scalabrini, nel territorio di Marausa vengono rilevate due cappelle rurali, una è la chiesa campestre e l’altra nel loco di Giovanni Maria Patrico, enfiteuta di una parte del terreno del feudo di Marausa. Con bolla Ut unimarum pastores, datata 21 maggio 1844, Papa Gregorio XVI costituisce la Diocesi di Trapani. Il primo cappellano della chiesa di Marausa di cui si conosce il nome è padre Giuseppe Vultaggio, che dal giorno della sua ordinazione nel 1842, è stato cappellano della stessa chiesa fino alla morte, avvenuta nel 1882. Padre Vultaggio è stato il primo prete ad essere sepolto nella Cappella dei Sacerdoti al cimitero di Trapani. 

Nel 1857, così viene descritta la visita pastorale del Vescovo di Trapani Monsignor Rinaldi: “Il giorno 22 marzo 1857, dopo aver visitato la chiesa di Salinagrande, si reca nella chiesa di Marausa, accolto da molta gente e dal cappellano celibatario. Visitava il tutto e ordinava di farvi il chiavistello d’argento per il tabernacolo dell’altare maggiore, di comprare la pianeta violacea – che era tagliata – e per ultimo amministrare il sacramento della cresima a molti ragazzi”. 

Nella prima visita pastorale di Monsignor Buongiorno, si annota: “Il 28 aprile 1875 alle ore 10, dopo aver pernottato a Locogrande, si recò nella chiesa della contrada di Marausa. Fu ricevuto dal cappellano don Giuseppe Vultaggio, amministrò il sacramento della Confermazione, impartì la sua pastorale Parola e visitò l’altare, le immagini, i paramenti, le biancherie, i vasi sacri e trovò tutto in regola”. 

Nel 1876 tutti gli ordini religiosi furono soppressi e il loro beni incamerati dallo Stato. La parte del feudo che non era stata concessa in enfiteusi, pari ad ettari 462.21.14, pari a salme 264, bisacce 2, tumuli 2, mondelli 3, canazzi 3, quartigli 3 e palmi quadrati 37, fu divisa in 36 lotti e venduta, compresi il baglio e la torre campestre. La chiesa rimase al culto divino e se ne presero cura, da allora, quattro deputati che cambiavano ogni anno.

Nella visita di Monsignor Ragusa del 1881, così troviamo descritto: “Il giorno 9 maggio 1881, alle ore 8.20, arriva alla stazione di Marausa da poco inaugurata per la visita pastorale. Egli viene accolto dai padri missionari che predicavano gli esercizi spirituali nella contrada di Marausa e Ballotta. Dopo aver ricevuto i saluti dai Cappellani, deputati e dal capo stazione, veniva accompagnato dalla banda musicale tra gli evviva di numerosi villani, si recava alla chiesa Maria Santissima Immacolata di Marausa. Dopo aver effettuato l’adorazione del S.S. Sacramento, dopo il canto del Pange Lingua, amministrava la cresima a numerosi ragazzi. Dopo la cresima visitava gli arredi sacri e li trovava in ottimo stato, perché erano stati da poco acquistati dal cappellano. Sapendo dal cappellano, sacerdote Giuseppe Vultaggio, che era intenzione dei deputati procedere all’ingrandimento della detta chiesa. All’uopo chiese dove erano depositate dette somme, esse erano depositate presso un cassiere, incoraggiandoli e di gran cuore benedicendoli, perché le loro fatiche potessero servire alla gloria di Dio e al bene delle anime”. Alla morte di don Vultaggio, l’idea di ingrandire la chiesa viene abbandonata. 

© archivio s. giliberti

Il 6 giugno 1898, Monsignor Gerbino effettua la sua prima visita pastorale, descritta in questo modo: “Accompagnato dal cancelliere, dal cerimoniere, in carrozza si reca nella chiesa campestre di Marausa. Viene accolto dal cappellano e dalla deputazione per il mantenimento del culto nella chiesa, benedicendo con l’acqua lustrale, entra in chiesa e si reca davanti l’altare per la dovuta adorazione, indossa i paramenti, inizia la celebrazione e amministra il sacramento della confermazione. Alle ore dodici, terminata la messa da inizio alla visita. Dopo aver prescritto tutto quello che non andava, alle ore diciotto, mettendosi in carrozza, tornava in città”. 

Il sacerdote Rosario Grillo, molto erudito e diventato vicario generale della Diocesi, in una relazione del 31 maggio 1907, dice che l’origine della chiesa campestre di Marausa è da rimandare al XVII secolo, come recita una lapide commemorativa dalla quale si evince che la chiesa era oratorio dei Padri Francescani Minori Conventuali. Scrive che dopo la soppressione dei beni ecclesiastici, la chiesa appartiene al popolo che con le proprie elemosine ne cura il totale restauro, tanto che è in buonissimo stato. La chiesa è semplicemente benedetta, vi è un solo altare e nella parete retrostante ad esso, un simulacro di Maria Immacolata, al cui culto sono collegate le indulgenze concesse da Monsignor Raiti. Dice ancora che c’è la Pietra Santa, marmo che si collocava nell’altare in legno per le celebrazioni eucaristiche e conteneva le reliquie dei Santi. Non vi è organo, ma le sacre funzioni sono accompagnate da un armonium di proprietà della chiesa (ancora oggi esistente, costruito nel 1905 da Mario Giarratano). Il pulpito è in buono stato e vi è un confessionale con le grate. Non ha rendite, il culto è mantenuto dalle elemosine dei fedeli, tali elemosine sono amministrate da quattro contadini, detti deputati che restano in carica un solo anno, invece il cappellano è sempre e solo contabile. Il sacerdote Rosario Grillo rileva che il rendiconto dell’amministrazione non è stato mandato ogni anno all’ordinario, la chiesa dipende dalla Cattedrale e dista da essa circa 8 miglia. Si spiega il Vangelo in certe epoche determinate, così l’insegnamento della dottrina cristiana, quando per il cappellano è facile fermarsi nella contrada ed essere sicuro di non beccarsi le febbri malariche, vero flagello per i contadini di allora. 

Lo stesso padre Grillo afferma di essere cappellano di Marausa dal 20 febbraio 1898, nel periodo in cui è in carica viene rifatto l’altare e acquistato il simulacro dell’Immacolata, realizzato a Napoli nel 1905 da V. Vella. La tela dell’Immacolata, che per tanti anni era stata collocata sull’altare, viene rimossa. Nel 1917 la chiesa, essendo molto piccola, viene ingrandita a spese della famiglia Salvo. Il prospetto viene spostato in avanti per consentire il raddoppio della lunghezza, mentre la larghezza rimane invariata. Viene costruita anche la casa canonica, addossata alla chiesa, costituita da tre vani terranno e tre al primo piano. 

Il 22 maggio 1921 avviene la visita di Monsignor Raiti, così descritta: “Partiti col treno alle 10.40, siamo stati rilevati alla stazione di Marausa dal beneficiario Bertolini, predicatore degli esercizi spirituali di Marausa, dal beneficiario Pilati, cappellano di Ballotta e dal padre Signorino Pio. Prima di entrare in chiesa ci viene incontro il cappellano beneficiario Mario Marino con lungo stuolo di giovinetti e giovinette con palme e fiori, accompagnato dal popolo e dalla musica. Entrati in chiesa, il cappellano impartisce la benedizione del S.S. Sacramento, dopo passa all’amministrazione della Cresima. Furono cresimati 302 tra fanciulli e adulti. Nel pomeriggio S. E. Monsignor il Vescovo benedisse la fonte battesimale. Il vescovo pernotta nei locali annessi alla chiesa. Il giorno seguente, il 23 maggio 1921, celebrata la messa, amministra la cresima ad altri fanciulli e fanciulle. Totale delle cresime è stato 313. Quindi visitata la chiesa S. E. Monsignor Vescovo, riuniti i deputati della chiesa, ha compreso il desideri che vengono edificata una chiesa più grande in un punto più centrale della contrata. A titolo di incoraggiamento offre la somma di lire cinquecento. La proposta di Monsignor Vescovo viene accolta dalla maggioranza della deputazione, solo un deputato sollevò delle difficoltà. Si venne alla determinazione di parlarne in seguito, appena le condizioni della contrada lo permettono. Monsignor Vescovo ha messo l’indulgenza di 50 giorni all’immagine dell’immacolata, recitando tre Ave al S.S. Crocifisso, recitando un Pater, Ave e Gloria”.

Dal giorno 8 dicembre 1921 si fa un inventario dei beni della Ecclesia rurali sub titolo Immaculatae Conceptiones fulgo dicta Marausa, bollato da un timbro tutt’ora in uso in parrocchia. Non mancava nulla e c’era una vara per portare il simulacro dell’Immacolata in processione, il quadro che riproduceva l’immagine sacra della Madonna e in precedenza rimosso per collocarvi la statua, era adornato con uno stellario, corona d’argento e un paio di orecchini d’oro. Non si hanno notizie di processioni, ma per esserci una vara si dovevano effettuare periodicamente. Nel 1933 si rileva che è stata comprata una statua di San Giuseppe – a nome di tutti i Giuseppe di Marausa – e che in pochissimi anni gli ex voto erano raddoppiati e venivano conservati presso la famiglia di Giuseppe Martinico. Il 27 novembre 1929 viene acquistato il terreno dove sarà costruita una nuova chiesa. Il 21 luglio 1935 viene inaugurata l’Azione Cattolica e nel giugno del 1936 vengono restaurate la chiesa e la canonica, tra l’ottobre dello stesso anno e il mese di maggio del 1938, si svolgono diverse feste e processioni in onore della Santissima Vergine Immacolata, di Gesù Eucaristico e di San Giuseppe.

Il 16 luglio 1937, Monsignor Ricca aveva eretto la chiesa di Locogrande – che da sempre era chiamata di Ballotta – a parrocchia, inglobando nel suo territorio la frazione di Marausa e la chiesa rurale della contrada era diventata rettoria. Il 30 maggio dello stesso anno erano stati pagati tre operai per costruire le fondamenta della nuova chiesa, dunque questa data si può definire l’inizio dei lavori. 

Durante il periodo del secondo conflitto mondiale, pur non essendoci processioni, si eseguivano comunque le raccolte annue per il mantenimento della chiesa e si effettuavano gli esercizi spirituali tenuti da diversi sacerdoti. I lavori per la costruzione della nuova chiesa ripresero nel 1946, per essere quasi ultimati nel 1954, l’allora vescovo Mingo vi celebra la messa il 24 ottobre di quell’anno, data nella quale si può far corrispondere l’inaugurazione della nuova chiesa dell’Immacolata Concezione di Marausa

Nel 1962 un incendio distrugge quella che per tre secoli era stata la chiesa frequentata da generazioni di uomini, donne e bambini, tutti parte attiva nella creazione di quella che è stata la prima comunità rurale ed ecclesiale di Marausa.

LA TORRE DEL BAGLIO

Studio tratto da “Le torri rusticane nel territorio di Trapani e Paceco”
Progetto di ricognizione, studio, rilievo e valorizzazione di beni architettonici storici del nostro territorio:
le torri rusticane controllo dell’entroterra dei comuni di Trapani e Paceco
Anno scolastico 2013/2014

Un progetto rivolto agli allievi del 5° anno dell’Istituto Tecnico per Geometri “G.B. Amico” di Trapani, con la collaborazione di allievi della Scuola Secondaria di 1° Grado “A. De Stefano” di Erice e di un gruppo di volontari del Gruppo Archeologico Drepanon. Nato da una proposta dell’Associazione GAD dei Gruppi Archeologici d’Italia, con la volontà di ricostruire la memoria storica e realizzare la ricognizione delle torri dell’entroterra trapanese. Attraverso una schedatura scientifica che prevedeva sia la ricostruzione di notizie storiche e artistiche, sia la rilevazione delle condizioni in cui versavano le torri antiche, molte delle quali inglobate, nel tempo, in altre strutture architettoniche, recuperate o ridotte ormai a ruderi. 
Tale ricognizione prevedeva anche il rilievo architettonico dei manufatti, per cui la richiesta del GAD intendeva impegnare principalmente gli studenti dell’ITG “G.B. Amico” di Trapani e, in supporto anche alcuni allievi della S.S. 1° G. “A De Stefano” di Erice. Lo studio qui riportato riguarda la prima fase che prevedeva di analizzare anche le torri presenti nell’odierno comune di Misiliscemi, tra cui: Torre Chinisia, Torre Baglio Ballottella, Torre di Pietretagliate e la Torre di Misiliscemi.

Un ringraziamento al Prof. Pietro Barbera, che con la condivisione su Misiliscemiweb di questo interessante studio, contribuisce alla divulgazione di notizie relative alla Torre del Baglio di Marausa che oggi risulta in parte demolita.


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